Dopo i fatti accaduti a Napoli e successivamente a Genova, dopo la raffica di leggi dette “ad personam”, fatte su misura per salvaguardare gli interessi di un ristretto numero di persone o di un ceto sociale minoritario e concepite per facilitare l’evasione del fisco, nel 2002 e nel primo semestre del 2003 ho avuto l’idea di scrivere “Lo sciopero” per manifestare alcune mie riflessioni sul mondo del lavoro e di raccontare i malumori e la rabbia di una parte dei cittadini, dopo aver costatato che gran parte dei parlamentari dei diversi schieramenti politici, una volta eletti, dimenticano di fare il loro dovere, non svolgono le mansioni per le quali sono stati delegati e pensano soltanto ai tornaconti personali.
A pagare le conseguenze del comportamento incoerente dei rappresentanti politico istituzionali sono i lavoratori, i cittadini comuni con miseri redditi, costretti a calcolare ogni minima spesa per poter arrivare in prossimità della busta paga del mese successivo.
Lo sciopero è una protesta legale e civile e serve per dire no alle controparti che con il loro comportamento danneggiano e offendono le varie categorie di lavoratori, facendo l’orecchio da mercante con cinica indifferenza alle richieste di coloro che giornalmente vivono anche di umiliazioni e di stenti.